100 anni di Kurosawa

Lo spazio dove discutere del cinema di ogni epoca, dai suoi primordi fino all’ultima uscita cinematografica del momento, ma anche di quella televisione che riveste un ruolo tutt’altro che marginale nella società in cui viviamo…

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100 anni di Kurosawa

Messaggioda Diòscuro » mar mar 23, 2010 4:10 pm

Oggi apro Google e vedo il logo cambiato con un’omarino in b/n con aria depressa francamente indistinguibile. Dicono che è un omaggio a Kurosawa, oggi nel centenario della nascita.
http://revenews.info/akira-kurosawa-ann ... 05297.html

Preferisco il cinema del passato, di tutte le nazioni, a quello dai ’90-00 a oggi, ed ecco perché manco di solito da questa rubrica. Il cinema giapponese è stato ricco e affascinante e presenta spesso una stratificazione di più culture e vari livelli di lettura. Senza pretese esaustive:

Prima di Kurosawa, i grandi della vecchia guardia furono Kenij Mizoguchi e Yasujiro Ozu. In Occidente, di Mizoguchi, dopo gli anni 50 si diffusero “La vita di O-Haru, donna galante”, e “I racconti della luna pallida d’agosto” (Leone Argento a Venezia). La particolarità dei film di Mizoguchi è la poetica intimista, di accenti malinconici e pessimisti, e uno stile pulito e raffinato a volte con soluzioni più pittoriche che narrative. Solo presi tutti insieme offrono un affresco di un’idea della vita e del cinema dell’autore; i fatti rappresentati (dal passato, dal mito, dal presente) formano un discorso unico, in un’ottica di astrazione del reale: il suo modo di rappresentare non è legato alla contingenza del soggetto, della storia. Il desiderio è mostrare contenuti assoluti, sciolti cioè dall’ambiente storico in cui germogliano, per un cinema di meditazione e poesia, attraverso immagini evanescenti e piani sequenza lenti e suggestivi. http://it.wikipedia.org/wiki/Kenji_Mizoguchi

Yasujiro Ozu ha in comune con M. la scelta di rappresentare drammi personali e ambienti dimessi, definisce in modo più particolareggiato i personaggi, ma procede per sottrazione nella rappresentazione, con uno stile scarno e molto essenziale. La tipicità giapponese di Ozu (e la difficoltà magari per un’occidentale di comprenderlo appieno) è proprio l’essenzialità estrema: l’accumulo nelle storie di piccoli fatti, senza oscillazioni stilistiche o segnali di regia, lascia in apparente secondo piano la definizione dei conflitti morali e problemi di coscienza che nel cinema occidentale sono segnalati di norma con tecnicismi o soluzioni formali, qui invece tremolano costantemente sotto la superficie in attesa di esplodere con un segnale che non avviene mai, la cui comprensione è lasciata alla cooperazione interpretativa (e al senso morale) dello spettatore.
Wenders gli dedicò Tokyo-Ga. Apparentemente gran parte del cinema di Ozu tratta di argomenti familiari, in realtà è più profondo e sottile, e vero leitmotiv sono la tensione etica e il conflitto tra legge e libertà, dovere e individualità, crudeltà silenziosa dei legami. Tra i miei preferiti “Tardo Autunno” (60), “Fiori d’Equinozio” (58), “Tarda Primavera”(49).
http://it.wikipedia.org/wiki/Yasujiro_Ozu

Kurosawa nacque il 23/3 ma nel 1910, e giunge alla regia negli anni della 2GM. Se Mizoguchi e Ozu pur in maniera diversa rappresentano la poesia di fatti quotidiani e dimessi per trarne norme filosofiche, Kurosawa tratta testi, storie, temi filosofici e sociali con soluzioni visive violente, molto costruite. I suoi personaggi sono “tipi” di un Giappone violento, aggressivo, mitico e misterioso.
Il ‘barocco’ del cinema di Kurosawa consiste anche nel sovraccaricare le immagini di ritmi interni drammatici, nel dividere a volte in maniera stravagante la narrazione in blocchi.
Queste sue soluzioni si videro già in tutto il mondo a partire dal mitico “Rashomon”, noto per la forma insolita e la forza drammatica: il film ha un tema pirandelliano, la ricerca affannosa della verità di un delitto e la relatività di ogni giudizio umano. Si entra nella modernità con i metodi rappresentativi di questo film, che si dipana tra il relativismo del giudizio e le teorie del punto di vista. Ambientando però la storia in un Giappone leggendario, caricando i personaggi di tratti psicologici e comportamentali, li rende modelli di un’epica nazionale, usando tradizioni letterarie e teatrali.
Il Giappone misterioso e violento si ritrova ne “I Sette Samurai” (54) (è dedicato a questo film ‘Seven Samurai’ l’album di A Challenge of Honour), una storia di violenza, morte, conflitto di potere in un villaggio di contadini. “Il trono di sangue” (57) è una versione del Macbeth di Shakespeare. “La fortezza nascosta” (58) racconto di avventura con samurai, principesse, contadini…; “La sfida del samurai” (61); “Sanjuro” (62)…Comunque Kurosawa non si espresse solo nei film di genere Jidai-geki, http://it.wikipedia.org/wiki/Jidai-geki ma risultati ancora notevoli si trovano in film che trattano temi contemporanei o tratti da opere letterarie, questi privi di effetti lussureggianti ma con una ricerca di forte tensione dell’immagine e della narrazione:
“Nessun rimpianto per la mia giovinezza” (46), “Una domenica meravigliosa” (47), “L’angelo ubriaco” (48). Da segnalare per il cinema mondiale “L’Idiota” (51) da Dostoevskij, “Vivere” (52), “Testimonianza di un essere umano” (55), e “I bassifondi” (57) da Gor’kij, ambientato nel Giappone del 700, che costituiscono la Tetralogia della Solitudine, amare riflessioni sulla miseria morale e i meccanismi della società. Altro dramma sarà “Le canaglie dormono in pace” (60), tra i suoi film più complessi.
Kurosawa è rimasto attivo fino a tarda età: “Barbarossa” (65) romanzo 800esco; “Dodes’ka-den”(70) racconti moderni da S. Yamamoto; “Dersu Uzala” (75) dai diari di viaggio di V. Arseniev. Si assiste così al passaggio da una produzione influenzata dalla letteratura e dal teatro, a una più contemporanea, non intesa come trattazione di temi di vera e propria attualità, ma come interpretazione critica e personale della realtà nella sua intricata struttura. Ritorna però più volte anche sui suoi classici temi.
Ancora magistrali saranno “Kagemusha” (80), “Ran” (85) tragedia della follia ispirata a Re Lear di Shakespeare. In vecchiaia il suo stile rimane talvolta iconograficamente violento e ricco, con uno sguardo implacabile sulle cose, ma che lascia una voluta ambiguità di significati, suggerimento a non fermarsi mai alla semplice apparenza. Ancora escono “Sogni”, “Rapsodia in Agosto” e “Madadayo”. http://it.wikipedia.org/wiki/Akira_Kurosawa

A qualcun altro, arrivato indenne a leggere fin qui :mrgreen: piace Kurosawa?
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda enry » mar mar 23, 2010 7:58 pm

Sì, ma il mio preferito non c'è, sto parlando di "Anatomia di un rapimento". Questo e "I sette samurai" sono nella mia videoteca.
Tutti non li ho visti comunque, me ne mancano 3 o 4. Se parliamo di importanza se la gioca con Kubrick, pochi dubbi in proposito.
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda Diòscuro » mar mar 23, 2010 10:14 pm

Mi spiace di non averlo incluso Enry, non l'avevo proprio in mente. Ah beh avevo avvertito :-D lungi da me esser esaustivo anche su Kurosawa, ma ho piacere che ti piaccia.
Sicuro che se la gioca con Kubrick! ...ma sai come funziona con i calibri mondiali, esistono meriti oggettivi e poi nostre emozioni soggettive...
comunque non sono un fan sfegatato a senso unico, mi piacciono molte altre cose, specie europee e di solito anche più intimiste e introspettive, o più malate 8) come preferisci, il post mi è stato suggerito da quel logo di Google di oggi,
così è stato scritto di getto senza troppa cura, specie sull'onda di emozioni e ricordi di una mia fase.
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda enry » mer mar 24, 2010 3:33 pm

Sì, a questi livelli la preferenza personale gioca un ruolo decisivo, ma credo che per molta gente sia anche una questione geografica. Cultori a parte, in Occidente penso che siano pochi quelli che preferiscono Kurosawa a Kubrick, io preferisco il secondo anche in virtù di una maggiore versatilità. Kubrick ha toccato praticamente tutti i generi sfornando quasi sempre capolavori, Kurosawa è più legato a quei due/tre generi di cui ha fatto la storia.

Esempi di cinema malato? 8)
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda Diòscuro » gio mar 25, 2010 6:34 pm

Difficile rispondere, sono innumerevoli le accezioni di ‘malattia’ della visione.
Ho visto e rivisto migliaia di film. Dicevo che seguo meno il cinema negli ultimi anni, è più una passione del passato per me, al di là che in genere preferisco arte, pittura, poesia, narrativa del passato quindi sarà anche che sono fatto così, combinato al fatto che nella cultura in genere si è da un bel pezzo in fase di stasi (quale romanzo o poesia o dipinto degli ultimi 10-20 anni è…di una bellezza abbacinante o segna un’epoca e una categoria del sentire? Nessuno o quasi niente. Al cinema per me è talvolta uguale ). Aggiungi che da ragazzo cercavo nell’indagine cinematografica sulla realtà ‘risposte’ o una 'pienezza' rispetto al nonsense della vita che ho trovato (o credo di aver trovato) altrove. E' cambiato così molto il mio approccio (che era ..'malato' anche lui :mrgreen: )

Come del cinema del passato mi piaceva il mestiere e un artigianato d’arte che metteva in luce le individualità (c’era il famoso tocco Lubitsch nella leggerezza della commedia, come un tocco Hitchcock nei movimenti di macchina geniali e improbabili ma solo ‘a senso’, ma anche un tocco Resnais nella spezzettatura della regia stile nouveau roman, tocco Godard nel montaggio ‘a scatti’ e nella decostruzione, tocco Fassbinder nella realtà mostrata spoglia, fredda o sovraccarica, un tocco Antonioni nei piani sequenza-discorso indiretto libero, un tocco Visconti nell’intersezione delle arti, un tocco Bava nell’artigianato di genio per le soluzioni di regia e ambientazione, un tocco Fulci nella ‘perversione’ del punto di vista o nell’originalità della composizione dei fotogrammi: tutto questo lo si capiva già dalle prime inquadrature), del cinema recente detesto alcuni usi e abusi del digitale che disumanizzano il tutto (non è solo la tecnica che è andata avanti e basta, è che la tecnologia degli effetti computerizzati ha preso il sopravvento sulla qualità, sull’individualità e su forma e contenuti), non mi piace quando oggi trovo cadute terrificanti in dialoghi, battute e sceneggiature, storie che non mi interessano proprio il più delle volte in prima persona, modo di raccontare non eccelso, poca creatività nel découpage (un tempo, una delle principali cifre di valutazione e chiave di lettura di un film), montaggio banale e attori/attrici inqualificabili rispetto a un tempo (almeno nella media). Mi sembra una sofferenza il più delle volte vedere film odierni. Anche se dire così fa molto Gloria Swanson in ‘Sunset Boulevard’ quando si lamenta della fine dell’era del muto.

Miei preferiti sono la fase espressionista del muto ma non solo quella, il muto è una miniera, poi il noir anni 40 e in tutte le sue forme successive, la nouvelle vague e molto altro cinema francese, la neue welle (Herzog e Schroeter compresi), poi horror ma non solo splatter, preferisco un orrore più sottile non tanto ‘visivo’, e vari sparsi ovunque (per es. del cinema USA passato ammiro chi ha saputo uscire dai confini dei generi obbligati, gli europei fuggiti in Usa Lang, Siodmak, Mankiewicz per es., d’altra parte Hitchcock, Nicholas Ray, o da tutt’altra parte Samuel Fuller, Don Siegel, o il cinema dei crepuscolari e perdenti Hal Ashby, John Cassavetes, Robert Aldrich, Robert Altman prima maniera, John Huston, Arthur Penn), e alcuni cosiddetti b movies da ogni dove, senza dimenticare i maestri italiani b e non b di cui c’è tutto un mondo da scoprire.
Friedkin, Carpenter, Cronenberg, Lynch è scontato che mi piacciano.
Mi piacciono linguaggi provocatori-sperimentali quanto classici, poi in ‘malattia’ includo intrecci improbabili e film lunghi ore ed ore di Manoel de Oliveira (lì la malattia è il masochismo tra sé e la poltrona del cine ahaha :mrgreen: ) ai dilemmi e quesiti di Bergman (non saprei scegliere, cmq Un’estate d’amore, VII sigillo, Luci d’inverno, Persona: la ‘malattia’ sta nell’introspezione continua, e nelle soluzioni spiazzanti), mi piace tutto di Orson Welles, poi specie certo Truffaut, Godard (quando non politico, si è rovinato col 68 e ci ha messo quasi 20 anni a riprendersi), Robert Bresson, di più recenti non mi dispiacciono Pialat, Téchiné, Leos Carax, Ozon. Non mi esalta la commedia quando non particolarmente intelligente, non mi esaltano i western tranne quando hanno più chiavi di lettura-oltre, la fantascienza mi piace quando non è di cassetta e la preferisco quando si fa ‘fantafilosofia’ del futuro, piuttosto (“tipo” Solaris di Tarkovskij, chiedo molto lo so). Comunque mi piacciono il ‘nero’ dei noir, dei polar, dell’hard boiled, del metacinema (il film nel film, il teatro nel film, le costruzioni astruse). Per ‘malattia’, dal momento che parlavamo anche di criteri soggettivi, ci sono poi i film in cui pare di rivivere vicende in parte autobiografiche. Comunque sia preferisco film drammatici e tragici, più vicini alla mia 'cifra' personale.

i primi ‘malati’ che ho in mente, non è una scaletta di merito, ma alla rinfusa:

Freaks/Tod Browning
Faust+Aurora/F.W.Murnau
Veronica Voss/Fassbinder
The Night of the Hunter/Charles Laughton
La Sposa in Nero + La camera verde + Adele H. /Truffaut
Bella di Giorno/Bunuel
Le catene della colpa/Jacques Tourneur
Suspence/Jack Clayton
Douglas Sirk: ‘Magnifica Ossessione’ ‘Secondo Amore’ ‘Come le foglie al vento’ (la ‘malattia’ lì è nella rappresentazione dei sentimenti, nell’irrappresentabile interiore e nella forma)
Complesso di Colpa/Brian De Palma
La maschera del demonio+I 3 volti della paura+6 donne per l’assassino+Terrore nello spazio+Operazione paura/Mario Bava
Vampiri+L’orribile segreto del dott Hitchcock+Lo spettro/Riccardo Freda
Il miele del diavolo+Una lucertola con la pelle di donna+Una sull’altra + L’aldilà…+Beatrice cenci+Non si sevizia un paperino+7 note in nero...Lucio Fulci
L’elemento del crimine/ Lars von Trier (faccio...il moderno)
L’ultimo Spettacolo/ Peter Bogdanovich (la malattia del ‘passato’ e della fine di un’epoca)
L’ultimo uomo della terra/Ubaldo Ragona
Il pasto nudo/Cronenberg
Providence/ Alain Resnais
Il colore del melograno/Sergej Paradzanov

Ora poi mentre li rileggo, vedo che fanno parte del mio immaginario, ma non bastano, c'è molto altro...migliaia
Hai posto una domanda difficile....
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda enry » gio mar 25, 2010 9:27 pm

Sono d'accordo su molti dei registi citati, anche se alcuni non hanno mai fatto più di tanto breccia nel mio cuore ( la mia attuale compagna è riuscita a farmi "odiare" Resnais :-D ) e altri li conosco troppo poco per esprimere opinioni in merito. Completamente d'accordo su Browning, Lang, Fulci, Bava, Herzog, Altman e Aldrich. Scontati Friedkin ( visto il recente "Bug"? ), Lynch, Carpenter e Cronenberg.
Vero anche il discorso sulla "digitalizzazione" sfrenata degli ultimi anni.
Bella lista, la mia nei prossimi giorni. Quasi quasi ci apro un topic a parte.
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda Diòscuro » ven mar 26, 2010 1:48 pm

Yes! A proposito di Friedkin ho visto Bug e mi è piaciuto ancora una volta :-) Certo, è a dir poco claustrofobico, fisico e ...tattile nella sua disperazione, sono emozioni che mi sono rimaste addosso.
Beh davvero buona idea per un topic.
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Re: 100 anni di Kurosawa

Messaggioda Diòscuro » dom mar 28, 2010 7:29 pm

Enry, alla fine, di Resnais hai visto anche il "mio" Providence?
se sì, che ne pensi?
è davvero delirante :-) la nottata del povero protagonista, con tutti i piani di racconto, passato e presente che si rimescolano.
Se ti capita prendi visione anche di Mélo e L' amour à mort. Resnais è tutto assorto nel suo ruolo di Grand Imagier, teorico dei Cahiers, ma alla fine è bravo. Mi piacciono meno le sue cose ultime.

Per la mia esperienza è il cinema francese in genere che piace alle ragazze. Prendi autori già meno 'segnati' dalla nouvelle vague, Louis Malle, Renè Clement, Claude Sautet...un po' tutti mettono nel loro cinema sensibilità, freschezza, un effetto en plein air, di ariosità (anche nei film più cupi e claustrofobici) che alle ragazze vedo piace e cattura quasi sempre.
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