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Room 108

31-05-2022

ESTETICA NOIR

Onirica monocromia

ESTETICA NOIR

di Roberto Alessandro Filippozzi

Una vera e propria pioggia di meritati consensi unanimi, sia dal pubblico che dagli addetti ai lavori, ha premiato il netto e indiscutibile salto di qualità messo in campo dai torinesi Estetica Noir col secondo ed a lungo atteso album "This Dream In Monochrome", lavoro di portata internazionale giunto a cinque anni dal valido esordio sulla lunga distanza "Purity". Con un prezioso innesto nella line-up e con l'esperienza maturata in quest'ultimo lustro, il quartetto piemontese ha imboccato la strada giusta verso quell'eccellenza che non è esattamente alla portata di chiunque, dimostrando di avere quel qualcosa in più che può valere un posto al sole nel gotha delle sonorità darkwave e affini. C'è dunque giustificato entusiasmo in casa Estetica Noir, ma anche e soprattutto la consapevolezza di aver lavorato bene e di essere riusciti a concretizzare al meglio i propri sforzi, e noi, ben consci dell'ottimo risultato ottenuto dalla band, non potevamo esimerci dall'indagare un pochino più a fondo con Silvio Oreste (voce, chitarra, programming) e Rik Guido (basso), nostri interlocutori per l'occasione.

ESTETICA NOIR

"Il cromatismo della copertina rappresenta forse i due aspetti principali della musica e dei testi: a livello musicale il rosso può essere inteso come la parte romantica, passionale, ma anche rabbiosa, sanguigna, genuina, mentre il blu rappresenta quella più fredda e malinconica, nelle mani del velocissimo e inesorabile progresso tecnologico."
(Silvio Oreste)

 

ESTETICA NOIR

"A livello tematico, ciò che unisce i testi tra loro sono fondamentalmente temi come la preoccupazione e la paura del futuro. Potrebbero apparire molto pessimisti, ma in realtà permea costante una potenza interiore e una fiducia che si fonda sulla pazienza e sulla costruzione, giorno dopo giorno, di piccole mura per costruire grandi fortezze."
(Silvio Oreste)

 

ESTETICA NOIR

"Spesso mi rendo conto di come le influenze che sento in ogni singolo brano siano in realtà solo nella mia testa, ed è divertente notare come ogni giornalista citi invece altri accostamenti, e questa pluralità mi rende molto fiero perché trovo triste e poco artistico quando un album viene immediatamente accostato ad un genere preciso, o peggio ancora ad una band in particolare."
(Silvio Oreste)

 

 

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