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Room 105

15-06-2017

JOY SHANNON AND THE BEAUTY MARKS

"Aes Sídhe"

Cover JOY SHANNON AND THE BEAUTY MARKS

(Triple Goddess Records)

Time: CD (44:13)

Rating : 8.5

Uscito il primo giorno di maggio, poco più di due anni dopo l'ottimo "Mo Anam Cara", "Aes Sídhe" è il settimo album dell'artista californiana Joy Shannon e dei suoi Beauty Marks, che ben abbiamo imparato a conoscere su queste pagine. La Shannon ed i suoi preziosi sodali hanno già ampiamente dimostrato di meritare un posto di assoluto rilievo nella scena dark-folk dai tratti celtico-pagani, e questa nuova fatica in studio (confezionata in un gradevolissimo digifile a sei pannelli, ma disponibile anche in audiocassetta su etichetta Cloister Recordings) ne è l'ulteriore riprova. Ancora una volta è la compattezza dell'opera a colpire nel segno: tredici brani dove non vi è traccia né di 'riempitivi', né tantomeno di passaggi a vuoto o cali di tensione, con picchi di passionalità ed intensità incanalati in un songwriting apparentemente più minimale, ma in grado di convogliare le emozioni con sempre maggior efficacia e forza espressiva. Giocato su una musicalità più scura, dettata da cadenze spesso plumbee e da un sostrato elettrico particolarmente fosco e ruvido, nonché basato sui miti celtico/nordici riguardanti morte e rinascita nell'aldilà (il titolo "Aes Sídhe", tradotto dall'irlandese, significa "le persone del tumulo"), il nuovo album fa ancora una volta perno su quel mix fra passione e dolore dell'anima cui è impossibile rimanere indifferenti, con Joy sempre impeccabile ed ispiratissima nel suo ruolo di cantante, arpista e violoncellista ed i suoi Beauty Marks puntualissimi nel coadiuvarla con le giuste finiture per catturare al meglio le emozioni. Quello della Nostra, singer e musicista eccelsa, è un songwriting che sa far emergere tutto il dolore e la tristezza che possono albergare in fondo ad un cuore che ha amato e sofferto, come le varie "Fall From Tír Na nÓg", "Himmelstraße", "Entering The Mound", "Tír Tairngiri" e via dicendo testimoniano, ed il tema della morte e della rinascita - che divide l'album in tre parti - è lo sfondo ideale per far emergere con la giusta credibilità un carico di mestizia da esorcizzare con la forza della musica. Ma ovviamente nel caleidoscopio artistico della Shannon c'è molto di più, a cominciare dalla sfuggente e sospesa "A Pause" (con ospite Xasthur, alla chitarra per l'intensissimo arpeggio), passando per la sontuosa "Folkvang" e per momenti di delicata dolcezza come "Grey Havens" (ispirata da Tolkien, come molti altri brani del passato di Joy) e "Mag Mell", sino al vero e proprio picco del dischetto rappresentato dalla radiosa "Völva", autentico gioiello ispirato dalla visita al Ponte del Diavolo di Lanzo Torinese in cui il sottoscritto ebbe l'onore di accompagnare l'artista americana. Un altro memorabile tassello in quel meraviglioso mosaico che è la discografia di Joy Shannon And The Beauty Marks: l'ennesima opera che saprà emozionarvi come poche altre potrebbero ambire a fare, poiché vera fino al midollo e sincera come quei brividi sulla schiena che il suo ascolto genera nelle anime dotate della giusta sensibilità. Impossibile resistere a tanta e tale purezza.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

http://www.joyshannonandthebeautymarks.com/

https://joyshannonandthebeautymarks.bandcamp.com/