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Room 106

20-05-2010

KATATONIA

+ Swallow The Sun + Long Distance Calling

Cover KATATONIA

Roma, Alpheus, 25/03/2010

di Federico Francesco Falco

foto Federica Del Gobbo

Setlist SWALLOW THE SUN:

These Woods Breathe Evil
Falling World
These Hours Of Despair
Sleepless Swans
Don't Fall Asleep
Plague Of Butterflies
New Moon
Swallow

Setlist KATATONIA:

Forsaker
Liberation
My Twin
Onward Into Battle
Complicity
The Longest Year
Omerta
Teargas
Saw You Drown
Idle Blood
Ghost Of The Sun
Evidence
Rusted
Day And Then The Shade
In The White
For My Demons
Dispossession
Leaders

La testimonianza del primo concerto dei Katatonia a Roma è scolpita da un vago ricordo sfocato a pixel un po' granulosi che giace addormentato in qualche server di Emule. Son passati quasi 15 anni, il tempo adatto perfino per far crescere una nuova generazione di ammiratori del loro personalissimo doom (così dicevano), ora decisamente più evoluto verso tributi melodici alla darkwave (Cure in primis) e all'alternative rock made in USA. La formula però con gli anni ha saputo conservare la qualità e l'appeal giusto, tanto da registrare con "Night Is The New Day" una discreta collezione di pareri molto positivi. Le prevendite andate a gonfie vele e addirittura la presenza di una bancarella fuori dall'Alpheus di merchandise non originale figura un quadro alla stregua comportamentale di una reale band mainstream. La prima sorpresa è nell'apertura dei cancelli da 'orario di cena' da parte del locale, considerabile alla stregua di una rarità. Davanti a poche file si esibiscono quasi immediatamente i discreti LONG DISTANCE CALLING : il loro diventa praticamente un 'aperitivo post-rock', un set di una mezz'ora scarsa con i loro consueti intrecci strumentali di un certo calore emotivo che meriterebbero decisamente sia più fortuna a livello di notorietà che minutaggio, considerata la natura complessa della loro proposta musicale. È solo durante il primo cambio di set che il locale inizia realmente a riempirsi, precisamente per l'arrivo degli SWALLOW THE SUN (Jonas Renkse ha insomma scelto due band che potremmo definire scherzosamente 'raccomandate', visti i suoi recenti featuring in entrambe le formazioni), gruppo a sei elementi molto noto in patria finnica (e già support act anche per gli Apocalyptica) che offre un misto death/doom di matrice scandinava con varie aperture (proprio nel presente di carriera) alla melodia. Presenti sul palco come uno schieramento da combattimento: ad eccezione del solo batterista, tutti in prima fila, capitanati dalla figura di Mikko Kotamäki (un Phil Anselmo in versione glamour?), impassibile dinnanzi all'asta del microfono e molto a suo agio sia nelle parti clean che in quelle più growl. Nell'esibizione, della durata di circa un'ora, i sei scandinavi optano per brani riguardanti tutti e quattro i loro album, con un peso leggermente maggiore per l'ultima release "New Moon", disco decisamente meno incline alle sfuriate degli esordi, dove forse il songwriting è divenuto leggermente più ruffiano, ma nel complesso cattura ancora una buona attenzione dinnanzi ai metalheads con una amalgama abbastanza da copione (con tanto di headbanging sincronizzato dei musicisti). Eccetto per "Falling World", che è senza dubbio l'episodio meno riuscito della serata in sè (assieme ai continui problemi tecnici che affliggono il tastierista nella parte centrale dello show), pasticcio di gothic metal strascicato senza arte nè parte e dalla durata interminabile. I tecnici risalgono sul palco, e mentre le magliette degli headliner già vanno direttamente sold out, un'occhiata corre alle spalle per ammirare una completa copertura del pavimento per tutta la sala. Si spengono le luci e dinnanzi ci ritroviamo i KATATONIA: qualcosa però è cambiato, e non mi riferisco solo all'assenza dei fratelli Norrman, ma anche all'attitudine di Jonas e Anders, molto più sereni dei precedenti tour. Scambiano sorrisi verso le prime file e sembrano decisamente più carichi quando danno il via con "Forsaker". Il muro sonoro è ancora possente e invalicabile come un tempo, Niklas 'Nille' Sandin e 'Sodomizer' Eriksson sono stati innesti preziosi. Sopratutto il secondo, abile chitarrista dal tocco deciso, protagonista per diversi assoli condivisi assieme al 'Re' Blakkheim. Il groove è di un nero splendente: vibrazioni soffocanti fuoriescono dall'acustica perfetta degli amplificatori (inizio ad abituarmi a certi miracoli...) come sangue sgorgante. Jonas è migliorato molto nelle vocals, aiutato dal maggior uso di cori da parte dei due chitarristi che hanno reso più suggestive certe esperienze sonore del nuovo (grande) album, ovviamente il disco da cui la loro mano immaginaria pesca di più. E sono tutte un successo, a partire dallo splendido nuovo singolo "The Longest Year" (forse quella cantata con maggior ardore dal pubblico) fino alla opethiana "Idle Blood", con tanto di archi campionati sapientemente inseriti. Il frontman ringrazia, introduce con soddisfazione i brani con lo sguardo costantemente celato dai suoi capelli, a mò di persiane serrate. Ciò che però schiude è una maggior emotività delle interpretazioni, tant'è che persino i brani di "The Great Cold Distance" bruciano del calore umano che avrebbero dovuto esibire anche in studio. Giusto per il giro italico, rispolverano vere chicche per appassionati come la decadenza di "Saw You Drown". Non mancano certo classici intramontabili come "Teargas" e la più recente "My Twin". La decade è efficacemente attraversata da una setlist di gran livello quanto l'esibizione del quintetto (guidato da quel metronomo di Daniel Liljekvist), che sembra aver ritrovato vera linfa, e non sarebbe affatto azzardato indicare questo tour tra i migliori della loro ventennale carriera. Carriera cresciuta sempre con classe e coerenza, a piccoli passi quanto il riff iniziale della magnifica "For My Demons" (forse tra i primi tre ritornelli più efficaci mai composti dalla band), una delle nostre ultime 'amiche' a presentarsi prima di sparire nell'ombra della luce e dei riflettori ridestati. Paradossale è poi constatare che una serata così 'notturna' finisca ad un orario così 'serale': Le lancette dell'orologio, infatti, s'erano appena date appuntamento al numero 12 per baciarsi...