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Room 103

04-12-2012

ANDREAS GROSS

"Grounds Of Ashes"

Cover ANDREAS GROSS

(Echozone/Masterpiece)

Time: (63:18)

Rating : 7.5

Avevamo lasciato la band tedesca un anno e mezzo fa con l'album "Autumn Inventors", preoccupante battuta d'arresto nel processo di crescita di Andreas e soci, minato da un songwriting statico e ripetitivo. Ridimensionata la line-up da sette a cinque elementi, con un dualismo un po' più bilanciato fra la voce algida e dimessa della frontwoman Tabitha Anders e quella decisamente più dolce di Swenja Schneider, il prolifico act ritrova per questo ottavo album non solo il necessario equilibrio, ma fortunatamente anche una vena compositiva ispirata e convincente. Il crepuscolare trip-hop a tinte dark che contraddistingue il suono del combo, dai pregiati intarsi shoegaze, dream-pop e sinfonici, si fregia per l'occasione di una produzione impeccabile, perfetta per esaltare la qualità di arrangiamenti infinitamente più coraggiosi e raffinati rispetto al minimalismo arrendevole della precedente prova. Se l'alternanza nelle vocals garantisce più completezza (anche Andreas dà il suo piccolo contributo in apertura), la bellezza delle melodie e la saggezza nella scelta dei pattern ritmici (davvero indovinati) sono il toccasana che fornisce il giusto spessore e la dovuta intensità emotiva ad un songwriting di tutto rispetto, diretta risultanza di un'esperienza ormai ultradecennale. Ci vuole coraggio a proporre una cover in apertura, ma i Nostri non temono la sfida e propongono "Vermillion Pt. 2" degli Slipknot (!), adattandola alle proprie prerogative con stile e classe. L'uso più intelligente dell'elettronica, specie nella fase ritmica, ha permesso ai Nostri di sviluppare meglio una vena 'pop' in linea con il grigio mood che li contraddistingue e dal potenziale notevole, come dimostrano possibili singoli quali "Lilith", la garbata ed ariosa "Soldiers", la suadente "Planets In Peril" e la più solida e groovy "Breathing My Words". Stavolta il pathos trasmesso è palpabile da cima a fondo, e lo si avverte soprattutto in ottimi momenti più articolati nelle strutture come "Shadows" ed "Akephalos", fra i picchi di un lavoro decisamente compatto; molto bene anche la mesta fragilità di "Share" e, soprattutto, la passione che trasuda tanto dall'efficacissimo strumentale "Succubus" quanto dalla più dolce "Winter's Day". Ancora una volta troviamo in chiusura del materiale 'extra' ad incrementare il minutaggio complessivo, segnatamente un remix di "Lilith" ad opera di Thorsten Heine (Hertzinfarkt) e quattro estratti live registrati nel dicembre 2011: potabile il primo, con soluzioni electro dal taglio retrò, mentre i pezzi catturati dal vivo - con un'ottima resa audio - parlano di una band professionale nell'esecuzione, ma non dicono molto di più e restano materiale per i seguaci più incalliti (anche se la melodia di "Hopeful Despair" è sempre un bell'udire). A parte il solito 'annacquamento finale', Andreas e soci risollevano di netto le proprie quotazioni con un lavoro che denota classe e consapevolezza, e che merita le dovute attenzioni: ora ci sono nuove e concrete basi per crescere in maniera ancor più significativa, magari lasciando più spazio a Swenja, ma soprattutto sviluppando a dovere la vena (dark)pop di cui sopra attraverso refrain di maggior presa che, allo stato attuale, basterebbero da soli per balzare al livello successivo.

Roberto Alessandro Filippozzi

 

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