21-06-2025
HYBRYDS
"In the Wake of the Witch"
(Zoharum)
Time: CD 1 (75:52); CD 2 (77:21)
Rating : 7
Sul finire del 2021, il precedente lavoro della storica formazione belga "Mythopia" aveva lasciato interdetti molti ascoltatori, in particolar modo quelli che da quasi quarant'anni avevano seguito le vicende di questo controverso e seminale act. I tipici tribalismi ancestrali/rituali, fulcro di strutture post-industriali, avevano lasciato il posto ad una scrittura decisamente più soave ed accessibile, in un contesto oltretutto decisamente più cristallino. Poco meno di quattro anni dopo, l'attuale line-up belga-tedesca, guidata da Magthea (musiche) con al suo fianco TraumaSutra (percussioni), Peter Geysels (strumenti a fiato) e le voci di Madeline Arndt e Katharina Galgareipi, torna con una vagonata di materiale, che si traduce in ben due CD - racchiusi in confezione digipack a sei pannelli - per oltre 150 minuti complessivi d'ascolto. Un'opera mastodontica che pare nettamente divisa anche stilisticamente, col primo CD che sembra voler recuperare certe martellanti ritmiche tribali del passato, tra finiture mistico/rituali immancabili in casa Hybryds, sempre con la consueta, ipnotica ossessività. Qualcosa stride, specialmente in certe scelte effettistiche per le vocals ed in taluni eccessi "primitivi", ma la più strutturata "Lebor Gabála Érenn" e, soprattutto, una "Warriors Code" epica ed eterea con pathos e melodia e quella "Grande est la Mort" dal suggestivo fascino antico meritano attenzione. Di ben altro tenore il secondo CD, vicino al cammino inaugurato col succitato "Mythopia", dove i toni si fanno più suadenti ed un'elettronica di scuola downtempo prende il sopravvento, offrendo belle prove soprattutto in quei momenti dove la voce femminile diviene protagonista, non più solamente con vocalizzi, ma con veri e propri cantati che elevano la caratura della sensuale "Merseburg Charm", dell'ammaliante "Feel the Pulse of my Beat", della passionale "Be Mine" e della soave "Wall of Silence". Senza dubbio in parecchi resteranno ancora spiazzati, in un ascolto estensivo che mette peraltro davvero troppa carne al fuoco (il secondo CD si chiude con tre versioni strumentali, ed in generale un'ampia snellita avrebbe giovato ad entrambi i dischetti, facendo risaltare meglio i momenti migliori), ma l'arte degli Hybryds, nelle sue diversificate forme, continua a emanare un fascino particolare che riesce sempre a fare il proprio effetto, anche a livello inconscio.
Roberto Alessandro Filippozzi
https://hybrydsmusic.bandcamp.com/